Transafricana


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Transafricana by train- Agosto 2004

Come ogni anno l'estate si avvicinava ed era giunto il momento di scegliere il viaggio sul quale riversare l'interesse e la voglia di evasione accumulata nel resto dell'anno. Sfogliando il catalogo di Avventure, il mio interesse si fermò su un viaggio che già in passato avevo notato e considerato; quest'anno decisi che sarebbe stata l'Africa la mia meta.

L'Africa restava nel mio immaginario il continente sconosciuto, dimenticato. Sconosciuto lo è perché poco conoscevo delle zone che avrei attraversato; dimenticato lo è invece dai mezzi di informazione che, evidentemente, non hanno interesse di parlare delle sue guerre, delle sue miserie, delle sue malattie. Forse non si parla di un continente che, per noi occidentali, è utile da sfruttare in silenzio; conviene a molti depredarlo di oro, diamanti, petrolio o legno pregiato lasciando ai legittimi proprietari di queste ricchezze solo poche briciole. Se poi l'Aids dilaga, beh poco male...i farmaci che contengono questa piaga devono restare cari, affrontabili solo da noi "ricchi" per poter finanziare le multinazionali farmaceutiche (come si fa altrimenti a pagare i convegni a Capri ai medici?). 

Certo finora ho derivato, ad un lettore posso sembrare un no-global arrabbiato (chi mi conosce sa quanto questo sia lontano dalle mie corde...) ma d'altronde forse è questo il messaggio che mi è rimasto dentro questo viaggio.

Già, il viaggio...forse è ora di cominciare a raccontarlo. Arrivati in Sudafrica, nella poco raccomandabile Johannesburgh, ci siamo immediatamente diretti in Zimbabwe. Fra parchi con i "mitici" rinoceronti bianchi e le sorprendenti vestigia medievali di Great Zimbabwe, siamo giunti in treno alle grandiose cascate Vittoria.

Dallo Zimbabwe siamo quindi passati in Botswana dove ci aspettavano altri parchi, il delta dell'Okawango ammirato dall'aereo ed una quantità impressionante di animali.

Transitati in Zambia, troppo velocemente per i miei gusti, e "piegato" verso il misterioso Malawi oltre a visitare la curiosità delle spiagge di un lago e di una missione protestante sopra ad una salita impossibile ho avuto i primi contatti con la gente. Già, finora non vi ho raccontato di incontri, di persone per il semplice motivo che non c'erano! L'africa fino a questo momento era una immensa savana vuota, puntellata da sonnolenti villaggi moderni con le onnipresenti antenne dei cellulari (il progresso ha i suoi simulacri...) e solo nel poverissimo Malawi ho potuto parlare con dei ragazzi, bere una birra al bar mentre imparavamo a giocare a Bao, ascoltando Bob Marley che dalla radio intonava "No woman no cry...". Bel momento di incontro tra culture così diverse ma con così voglia di parlarsi attorno ad un tavolino del "Third world bar".

Ripreso il treno appena entrati in Tanzania ci aspettava una "cavalcata" di 30 ore (delle quali 10 fermi in un minuscolo paesino ad aspettare la rimozione di un merci deragliato sull'unico binario) attraverso un paese punteggiato da piantagioni e savana fino alla costa nella metropoli Dar el Salam.

Il treno doveva essere il leit motiv di questo viaggio ma, tra informazioni non proprio precisissime di Avventure, scelte volontarie e forzate, i tratti con la via ferrata sono stati solo due. Devo ammettere che sono stati sufficienti a capire come di "coloniale" ai treni africani resti ben poco; sono abbastanza "sgarrupati", non molto puliti e direi poco sicuri visto lo stato dei binari sui quali scorrono. Il treno ed i suoi contrattempi mi hanno permesso comunque di fare quegli incontri che il resto del viaggio non mi avevano permesso. Dalla spensieratezza delle ragazze Zambiane alla curiosità di discorrere di politica ed economia con uomini d'affari congolesi (rispolverando il mio incerto francese....).

Il resto del viaggio si è dipanato in due grandi e diversi ambienti che la Tanzania riesce ad offrire. Il primo è la bella commistione arabo-africana di Zanzibar, isola non solo impreziosita da spiagge bianchissime ma anche ricca di storia e di ricordi che i profumi delle spezie lasciano ben impressi nella mente di un viaggiatore.

La zona settentrionale della Tanzania, ai confini con il Kenya, è costellata da tante gemme, i parchi, che si stagliano all'ombra del Kilimangiaro e del Monte Merhu. Il cratere del Ngorongoro resta, a mio insindacabile giudizio, un miracolo della natura, una enorme "gabbia" che contiene una quantità e varietà di animali per me non immaginabile.

Terminato un viaggio, restano le riflessioni. Nonostante le immensità attraversate, il sentire la presenza di una natura selvaggia che domina e regola la vita di uomini e animali, devo ammettere di non aver contratto il "mal d'Africa"; nel mio personale modo di viaggiare è mancato un elemento fondamentale, solo sporadicamente approfondito, che consiste nel cogliere quelle sensazioni che solo il contatto umano con culture diverse mi lascia. Non mi è bastato il sorriso dei Masai o l'osservare i pescatori di Zanzibar intenti nel riparare lo scafo delle loro artigianali barche, per tornare un po' più ricco di quella diversità che è la prima molla che mi spinge a viaggiare.

Certo non sono deluso ma mi è sembrato di vivere una lunga attraversata da semplice spettatore. Certo quegli animali visti solo nei documentari o nelle riviste erano lì, davanti a me, a pochi metri. Mi riprometto però di ritornare in Africa per cominciare a capire gli africani ed i loro problemi, anche se ciò purtroppo significherà che questo continente continuerà ad essere il continente sconosciuto e dimenticato.